Venezuela: finalmente democrazia o rischio carneficina?
Il 23 gennaio
2019 Juan Guaidò si è autoproclamato presidente ad interim del Venezuela
definendo il presidente Maduro un dittatore antidemocratico. Ma chi è Guaidò?
Ingegnere di 35 anni, ex deputato del piccolo stato costiero di Vergas e
praticamente uno sconosciuto fino al 5 gennaio scorso quando è diventato il
presidente del Parlamento in Venezuela, controllato dall'opposizione al regime
chavista di Maduro. Immediatamente dopo la sua presa di potere, è stato
riconosciuto come presidente legittimo dagli Usa di Donald Trump, dal Canada e
dalla maggior parte dei paesi centro-sud americani, fatta eccezione per il
Messico che però ora si propone come intermediario tra i due leader. Nei giorni
seguenti molti altri paesi hanno riconosciuto l’autorità di Guaidò: il 25
gennaio il ministro degli esteri spagnolo ha dichiarato che, in assenza di
nuove elezioni che rispettino i canoni democratici, la Spagna riconoscerà il
leader del parlamento come legittimo presidente del Venezuela. Anche la
Germania di Angela Merkel sta valutando questa ipotesi: “Maduro non può
pretendere di essere presidente visto che le ultime elezioni non hanno
soddisfatto gli standard democratici, l'auspicio è che l'Europa parli con una
voce sola su questa crisi catastrofica».
Anche l’Ue
considera “non democratico e non indipendente” il voto che nel 2013 ha portato
al potere Maduro. Ieri la Commissione aveva riferito di stare con le forze
democratiche del paese, senza schierarsi tuttavia apertamente con Guaidò: “La
nostra delegazione a Caracas è molto attiva e il dibattito sta andando avanti
anche tra i Ventotto» spiega la portavoce Maja Kocijancic, affermando che
attualmente sono «in corso molti contatti” tra il ministro degli Esteri
europeo, Federica Mogherini, con gli stati membri e gli altri partner. Il
presidente americano Donald Trump non
aspettava altro e pur di accelerare il processo di transizione è disposto a
concedere una exit strategy indolore
a Maduro, per convincerlo a desistere. Ad opporsi alla sua destituzione il
blocco dei "paesi non allineati”, tra cui Cuba e Iran, più Messico e
soprattutto Russia e Cina: le due superpotenze hanno già posto il loro veto nel
caso il Consiglio di sicurezza Onu di sabato voglia imporre sanzioni al leader
socialista.
Le sorti del
paese restano quanto mai incerte soprattutto per la posizione dell’esercito
venezuelano, storico componente di peso all’interno del panorama politico
sud-americano. Se si schiererà con Maduro ci sarà il concreto rischio di una
carneficina di oppositori politici e civili in risposta a quello che il leader
chavista definisce un golpe, un colpo di stato; in caso contrario Guaidò avrà
strada libera per affermare il proprio governo e portare il popolo a elezioni
democratiche.
Il Venezuela
negli ultimi anni ha subito una gravissima crisi economica e ha visto la sua
popolazione ridursi notevolmente con una serie di moti migratori verso gli
altri paesi americani, anche e soprattutto a causa del regime dittatoriale
imposto da Maduro dal momento del suo insediamento il 19 aprile 2013.
Chi avrà la
meglio? Il regime conservatore chavista di Maduro o l’opposizione parlamentare
riunita sotto la guida del giovane Guaidò?
Alberto Santini