Non c’è Dio. Non ci sono alieni - Riccardo Mantovani
Ci fu un periodo
in cui non sorrisi,
in cui c’era sempre buio
e non facevo che cercare conforto,
nel ricordo di un confronto
con un pezzo di legno.
Nessuno mi rispondeva mai,
fissavo il cielo, aspettandoli:
alieni malvagi, pronti a mangiarmi,
a rapirmi con le loro astronavi.
E a provarmi che Dio, non era che
una giustificazione chiamata per nome.
Attesi, mesi, mesi. Seduto sul balcone
a scrivere di grigio, un vetro così chiaro:
camminando, in alto, spedito, guardando.
Che diavolo ci faceva la luna di pomeriggio ?
Le si rifletteva nella finestra e nel viso,
dal suo balconcino grigio, da cui si spaventava.
Le chiedevo di sorridere, lì, dal piano parcheggio.
Lo chiedevo per me, che volevo riflettermici in questo;
lo chiedevo per Dio, che pensavo volesse - avido - ogni sorriso.
Per questo lo chiedevo, nascondermi dietro un dito:
il Dio che non credo, che non vedo;
l’alieno che m’ha lasciato, col suo disco di cristallo nero.
Quindi mi stesi sull’asfalto - sul piastrellato -.
Senza vedere differenza tra le urla sconcertate
di una ragazza riccia, e di una ladra di grida.
Se non che le ballerine di fila, ora ridevano
nella notte. Illuminavano le membra dormienti dei grilli,
prima, che non facevano che zittirli.
Avevo - ora - il collo perennemente piegato
all’indietro: fissando il cielo, ammettendo:
nessun Dio mi avrebbe risparmiato.
Ho - ora - il braccio perennemente abbracciato
al centro: fissando il cemento, ammettendo:
nessun alieno mi avrebbe divorato.
Non ci sono Dei o extraterrestri che ci guidino,
lungo i marciapiedi di siepi e sorprese: fortune o
sfortune, solo scelte più - o meno - inopportune.
A testa in giù sul divano, guardo in alto.
Il terreno non è che il cielo, e lo faccio solo perché piccolo
impaurito d’essere, sempre più inesperto e più infimo.