Tree - Riccardo Mantovani
Sento il fruscio delle foglie
lontano, nello scricchiolio della ghiaia
tra il vetro di una birra vuota, spezzata.
Sento il vento che sussurra abbia sbagliato
fuori strada per un albero, ch’è spoglio:
nessuno, nessuno c’è più andato. È solo.
Tal fantasia mi parla così: che lasciai
il mio nome inciso sul lampione. Come
un amante che elogia l’amore : ho scritto
“per sempre” sul ferro freddo, di una pioggia silente.
Incisi le mie poesie, sulla vernice crepata,
sbiadita dalle folate randagie: le parole sono scomparse.
Forse è meglio così - dice -. I sogni ancora mostrano
di lei: la radura riparata, a cui accesi fiamma.
Ora, che rimane un cumulo di cenere,
non faccio che cedere alla mestizia,
e a punirmi di fronte quel frontespizio.
Ed ora, che il vento bussa alla mia porta,
e devo oltrepassare la vuota quercia solo,
ricordo tutto dall’inizio, con lieve sospiro.
Risate lontane, mi giran la testa, con gentilezza bruta;
e su quei palazzi di cemento, dai quali scorgi poco resto,
vedo ancora, quella famiglia che m’ha cresciuto nel vialetto.
Timido, rido, e tiro dritto - non voglio tornare indietro -.
Proseguo oltre sul mio tappeto grigio; ma:
o chioma sinuosa, rigogliosa pure in inverno:
proteggi chi sosta ancora sotto l’imperio tuo.
Proteggi e cura, chi m’ha reso ciò che son adesso.