Tremola la superficie dell’acqua - Riccardo Mantovani
Tremola la superficie dell’acqua
ed una nuvola mi salta sulle spalle,
sotto il portico di casa cadono leggere
le braccia stanche dei vini in vetrina:
ti ricordi di quando sognavamo insieme
di ubriacarci in casa e ballare per le coperte.
Ora la mia pelle è fatta di perle rosa
ed io dimentico volentieri delle promesse,
che non è tanto il ricordo ma il ripetersi
di un passato filtrato dal presente:
mi lascia l’amaro in bocca del tabacco
ma senza darmi alcun senso di pace.
L’amore non si misura in mesi, né in anni
non so come, ma non si misura e basta.
È fede, la fede in te, in chi hai davanti,
nello stringere i vestiti, i capelli e le mani
sapendo che tutto sfiorisce e tutto rinasce;
ho guardato steso per terra le margherite
chiudersi al calar del pigro tramonto,
le ho guardate schiudersi all’alba e brillare.
Se troverò la mia strada, sarà sol mia.
Non è rimasto nulla, e una parte di quel nulla
ti appartiene, che tu lo voglia o meno,
ma anche le stelle devono spegnersi, ed io
non ho mai venerato il corpo, ma la luce.
Odiamo i depressi che sognano e sorridono,
quelli che danzano sotto la pioggia, che
sulla neve sanguinano per dipingere;
ci ricordano che anche il buio acceca,
e non vediamo, perché abituati a non farlo.
Ci fu un ragazzo che avrebbe pianto,
che si sarebbe disperato, fustigato per te.
Un giorno di Luglio, quel ragazzo si ammazzò
versandosi troppa calma in troppa ambra;
sorrise un’ultima volta alla notte, e sulla panca
di un parco affollato di spiriti, si divertì,
si divertì a raggiungerli, a ballare con loro:
quel ragazzo non dipinse la neve,
non saltò le gocce piovane, non le sfiorò.
Solo, finalmente potè dormire una notte,
un sonno tranquillo tra le braccia del freddo.
Annaffiò le margherite con la sua rugiada,
tristemente sudata e stanca, le rinvigorì.
Nacque un bel fiore, che ancora lì splende.
Brindo a te amico. Brindo al tuo ristoro,
brindo perché io ti ho visto, io ti vedo:
brindo perché non odio il rivederti in me.
Avrai sempre da chi tornare, avrai me.
Non sei mai tornato a casa… ma si,
ti ho lasciato la luce accesa in salotto,
spero tu la veda, tu scorga il fascio giallo,
e dopo aver giocato con te stesso,
tu possa finalmente rincasare, anche se…
anche se Riccardo, tu sei morto, e sì,
è inutile io ti aspetti qua… perché dovrò,
per questo enorme portico, proseguire da solo.