Lo scontro tra Francia e Italia: i rispettivi estremismi potrebbero portare al disastro?



Giovedì 7 febbraio in seguito alle recenti tensioni la Francia ha richiamato a Parigi il suo ambasciatore in Italia. In diplomazia, Il richiamo del proprio ambasciatore è un forte segnale di tensione, di disagio per un torto subito, di incomprensioni. Di solito non succede fra Paesi con una lunga tradizione di amicizia e cooperazione. Di solito, bastano una telefonata fra ministri o un gesto distensivo da una parte o dall’altra, a prescindere dai torti reciproci. Se addirittura occorre risalire al 1940 per ritrovare un simile livello di scontro, significa che la corda, tirata troppo a lungo negli ultimi mesi, si è davvero spezzata. Si dice che le parole sono spesso pietre, in politica possono essere pesantissime, perché fanno danni proprio in quegli ambiti in cui andrebbero utilizzate con cura e attenzione, a cominciare dalla comunità degli affari e dalle relazioni industriali, pubbliche e private, per non parlare della sensibilità collettiva, fragile e suscettibile quando si agitano le bandiere della rivalsa e del patriottismo da bar.
Come si è arrivati a questo punto è sotto gli occhi di tutti, dato che le opinioni pubbliche francese e italiana assistono da mesi a uno stillicidio di dispetti, giudizi malevoli, incursioni a gamba tesa nella politica altrui. Sul conto francese vanno messi lo scandalo dovuto al rigetto dei migranti da parte della polizia alla frontiera di Ventimiglia, le ambiguità sul dossier Libia, i calcoli nazionali sul dossier Fincantieri, la scarsa disponibilità sul fronte migrazioni, il giudizio sprezzante del presidente Macron a proposito di nazionalismi e populismi paragonati alla «peste». Sul conto italiano vanno messe le incursioni del governo gialloverde e soprattutto del Movimento Cinque stelle a sostegno dei gilet gialli, le affermazioni strumentali sulla «Francia coloniale» e soprattutto il voltafaccia sulla Tav.

È più difficile comprendere come ricucire in fretta i rapporti, anche se la nota francese sembra volere medicare subito lo strappo «per ritrovare una relazione di amicizia e rispetto reciproco all’altezza della nostra storia e del nostro destino comune». Se è vero che i motivi di dissenso non sono mancati né ieri né oggi, così come è vero che la Francia ha spesso inteso la cooperazione industriale a senso unico, è oltremodo vero che l’Italia ha molto più da perdere dallo scontro, dato che si relegherebbe in una posizione di orgoglioso isolamento, proprio nel momento in cui è sempre più stretto il rapporto fra Berlino e Parigi. Ogni governo ha il diritto di portare avanti la propria visione politica. Altra cosa è farlo con battute offensive o dando aperto sostegno a gruppi di dimostranti, senza calcolare che dispetti e battute possono tornare al mittente e con gli interessi. Questo prima di essere un errore di orgoglio è uno sbaglio puramente strategico.
Che l’orgoglio nazionale e gli estremismi del governo gialloverde ci possano portare all'isolamento?
Irene Ferrari
Alberto Santini

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