L’horcrux


“Spesso e volentieri ci si trova a dover combattere con le proprie emozioni.

Ti sventrano. Feriscono e svuotano; agiscono, paradossalmente, riempiendoci la testa. Quasi

s’aspettassero una nostra risposta inconscia, culminante in un climax di piombo, sangue e materia

cerebrale - sparo -… AHHH ora mi sento meglio.”

Col sangue fuoriuscente dall’orecchio, i capelli sporchi di un sudore vecchio quanto il fumo

incrostatosi tra le dita, e un sorriso maniaco tra le labbra, continuò il suo soliloquio.

“Io non ne sono mai stato in grado, sapete ? Dunque, immagino che parlarvene col tono d’un

professore saccente, interessato solo alle barche, e alle ragazze dai non così saldi valori morali, non

sia il massimo per farvi prestare attenzione. Ma, diciamoci la verità, a me non interessa che

m’ascoltiate. Io sono qui solo per dei crediti. Per questo non mi interessa che qualcuno mi veda con

le mani gialle di nicotina, e l’alito color whisky. Sono un personaggio fittizio, creato da un autore

fittizio, che l’unica cosa che sa fare è mentire. Ma come biasimare quel povero sfigatello, senza

amici, e senza speranze, che cerca rivalsa in una storia scritta incatenato ad una tastiera sporca dei

suoi fallimenti emotivi; come ?. Le persone sono false, e i nostri riflessi ancora di più. Tutti malati,

depressi, influenzati dall’emotività. Così confusa, così ignobile. Vergognosa. Meglio una sbronza e

qualche pacchetto di Lucky.

Non le capisco le persone che si sforzano lottando contro le proprie controparti irrazionali.

Perderemo sempre ad un certo punto. L’uomo è fatto così: è manipolabile. La cosa divertente è che

l’unico in grado di irretirlo, è se stesso. Ironico.

Mi sembra una gran perdita di tempo. Un gettare quella poca consapevolezza che abbiamo giusto

per innalzarci a persone mature. Per innalzarci a grandi adulti, dai volti grigi di depressione. Mi

chiedo cosa ci si trovi nella maggiore età: io l’aspettai fremente solo per comprarmi da bere roba

che non provenisse da un alimentari asiatico, statico in una via laterale del centro. Mi pare

sconsolante questa mania di supremazia periodale. Sono dell’idea che piano piano l’esperienza

trasformatasi in routine, finisca per rubarci tutti quei colori che sono caratteristici di un essere

umano - infatti, se potessi farmi vedere, non notereste differenza tra il mio aspetto consunto da vizi

e inibizioni distruttive, e quello di un dipendente statale -.

È stata questa convinzione, probabilmente - se non sicuramente -, a non permettermi di imparare.

Il che comprendo possa sembrare triste. Ho perso persone per questo. È impossibile essere amati,

se non si ha il coraggio di ammettere il proprio tormento. È l’estenuante tentativo del cercare la

bellezza del sole, fissando, però, la propria ombra: ad una certa, ti giri, e ad aspettarti non c’è la

luce, accompagnata dalle sue effusioni consolatorie, no: trovi una pioggia torrenziale di acqua

regia. Liquido pronto a scioglierti, a bruciarti solo per farti gridare d’agonia. E morire con un

pentimento tanto grande quanto il dolore che provi; ma insufficiente a farti soggiornare nei campi

elisi. Ne varrà la pena ? Non avendo trovato la risposta. Non avendola neanche cercata, ho lasciato

che la routine dell’insofferenza diventasse la mia sugar mommy. Mi mantenesse e sostenesse,

come il rogo tra Enea e quella simp di Didone.

Ora, però, che sto comburendo interiormente per la cenere della mia sigaretta - cerulea come la

mia pelle -, alimentata dall’alcol che ingerisco a stomaco vuoto; vorrei non aver commesso tale

errore. Aver allontanato chi amavo perché incapace di lasciarmi andare ad altri. In un colpo persi

tutti: chi mi aveva aiutato a trovare un equilibrio, chi mi aveva migliorato la vita, e chi avrebbe

potuto farmi felice. Non è una scusa per il comportamento subalterno che ho sviluppato nei

confronti del fumo e dell’alcol. Per l’atto estremo che ho commesso. Ma ho ferito tante persone

quanto sono i segni del passato sul mio ventre grigio-blu, necrotico; e non penso ne incontrerò

altre.

Fidarsi, o voi che udite tal litania, fidarsi è la chiave. Se si guerreggia solitariamente, nella spada

non si troverà mai vittoria soddisfacente. Guardate, leggete, come la diffidenza sia la peggior droga

il vostro animo possa toccare. La routine più devastante. Anche se non l’ho mai trovato giusto,

mostrare i propri demoni è quanto di più utile si possa fare per non finire come me. Putrido.

Languido. Sporco. Umido del sudore portato dal parlare. Vicino la morte. Con gli occhi vuoti e la

testa ancora di più.

Esporsi è chiudere l’ombrello che ci protegge dall’astrale calore primaverile. A non fissare la

sagoma del nostro corpo, si giunge al traguardo per cui è possibile prevedere quando pioverà, e

quindi, dove ripararsi abbracciati a contrastare il gelo.

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