Una volpe al cominciar dell’erta Parte 1: 21 ottobre - Matilde Avallone

Come ogni mercoledì mattina, m’inebriavo dell’aroma e del gusto del caffè, seduto ad uno dei tanti tavolini sistemati fuori dal mio bar di fiducia. Piazza della Signoria stava iniziando a svuotare di turisti, ripopolandosi di fiorentini. L’afa estiva, quasi soffocante, se ne era andata ormai da tempo, cedendo il posto alla Tramontana, per ora moderata. Il cielo sfumava il suo azzurro con il grigio ed il fiato che usciva dalle bocche della gente era ben visibile. Cappotti, piumini, sciarpe e talvolta berretti componevano il vestiario della maggior parte delle persone nella piazza e nei tavolini di metallo fuori dal bar. Non c’erano molte persone in giro, forse a causa dell’orario:le 7:45 non penso siano proprio l’ora ideale per passeggiare ed ammirare i capolavori della piazza, ma è proprio il motivo per cui, in autunno, vengo a prendere il caffè a quest’ora:c’è poca confusione, il caffè riscalda al punto giusto ed ho il tempo per godermelo senza lo stress del rischiare di arrivare tardi al lavoro. Mi piace berlo lentamente, amaro e senza latte. Chiamatemi “purista”, ma per me l’espresso va gustato.

-Alighieri! Quanto tempo!

Alzai il capo dalla tazzina di caffè, riconoscendo la voce che mi aveva chiamato. Interruppi la mia bevuta, a malincuore, e provai a sfoderare un po’ di gentilezza.

-Niccolò, sei tu! Non ti vedo da quanto? Sei mesi? Accomodati pure, vuoi un caffè anche tu?

Non feci in tempo a finire di parlare, che si era già seduto sulla sedia di metallo davanti alla mia.

-No grazie, l’ho già preso.

Incrociò le braccia al petto e accavallò le gambe.

-Davvero son passati sei mesi da quando me ne sono andato dalla redazione del Guelfo? Non pensavo.

-Da quando De’ Medici t’ha cacciato. Dille bene le cose per carità.

Niccolò ridacchiò, appoggiandosi sul tavolino.

-Schietto come sempre!

-Ti ho solo corretto.

Feci un sorso di caffè; non volevo che si freddasse.

-Sai, leggo i tuoi articoli. Sei ancora il cronista di punta!

Disse il mio ex collega, provando a tenere in vita la conversazione.

-Già. Anche se mi manca averti in redazione.

Guardai quanto caffè rimaneva nella tazzina.

-Potevi anche evitartele quelle uscite da estremista, Niccolò: hai buttato via la tua carriera per delle stupide ideologie.

Bevvi l’ultimo sorso.

-Eri formidabile, ma il tuo punto di vista sul mondo non lo era altrettanto.

Machiavelli sorrise.

-Non cambierai mai e poi mai, Alighieri. Non sei mai riuscito a giudicare in maniera oggettiva, come ogni cristiano d’altronde.

-Che intendi dire?

-Voi credenti avete le opinioni alterate dalla religione e non riuscite a vedere la vera faccia del mondo.

-Non farmi perdere la pazienza, Machiavelli.

-Il tuo orgoglio è stato ferito? Peccato.

Ridacchiò.

-Eppure è una cosa così ovvia! Guardati intorno Alighieri: l’Italia ed il mondo sono corrotti fino al midollo. Non fai principalmente cronaca politica? Dovresti sapere come siamo messi! Charlie Hebdo? Grecia? Ankara? Ti dicono nulla? Sono solo tre dei vari segnali di degrado, ma persone come te s’interessano a malapena della data del nuovo giubileo. Voi clericali siete tutti uguali: sapete solo parlare di Dio, inserendolo in qualsiasi discussione ed opinione possibile, ma, quando vi si chiede un parare oggettivo, tacete e vi comportate come gli apolitici: non avete opinioni e fate i finti tonti. Si vede terribilmente che sei religioso nei tuoi scritti e questo è male. Il credo non si deve mai e poi mai fondere con la politica, dovresti saperlo se hai fatto davvero il corso di giornalismo.

Provai a mantenere la mia compostezza e calma, cercando le parole adeguate per rispondere.

-Se davvero avessi letto i miei articoli, sapresti benissimo cosa penso della Chiesa e della nostra società. Stiamo andando sempre di più alla deriva e con noi il pianeta. Dio solo conosce il futuro che ci aspetta ed io mi fido di lui, non mi importa di quello che un anticlericale mi dice che dovrei fare o come dovrei davvero comportarmi. La mia religione sta fuori dai miei lavori e così dovrebbe fare il tuo ateismo.

-Ancora con questa storia? Non sono ateo, ma oggettivo. Dio non può risolverci tutto, siamo noi, in primis, a dover scendere in piazza e farci sentire. Abbiamo bisogno di una guida capace, che sappia governare e punire quando serve. Credimi, Dio non rispecchia questa descrizione: è troppo clemente con noi uomini che non meritiamo nulla, non sa essere imparziale, non conosce la vera crudeltà. Riflettici, Dante: se davvero Dio è buono e misericordioso, perché c’è ancora la fame nel mondo, l’odio e le guerre? Fanno parte del “piano di Dio” anche loro? Il “Padre Buono” ci lascia ucciderci e maltrattarci a vicenda? Un buon padre ferma i suoi figli quando litigano, non lascia che si riempiano di pugni e di schiaffi, che padre è se non sa bilanciare le due cose?

Sospirai seccato.

-Comprendo, ma il tuo è un discorso fin troppo superficiale.

-Spiegati.

-Non capisco perchè tu ci tenga così tanto ad addossare la colpa dei mali del mondo a Nostro Signore, ignorando totalmente il buono che Egli ci dona: ometti la bontà, la generosità, talvolta l'innocenza dell’uomo, solo per sostenere il tuo punto di vista. L’uomo si sporca le mani di sangue perchè dimentica il dono più grande e perfetto che Dio gli ha conferito: la ragione. Dio ci lascia liberi di pensare con la nostra testa e di avere idee nostre, non ha senso delegarGli la colpa dei nostri peccati come fai tu. Comportandoti così, sei più credente di quanto credi.

Niccolò ammiccò un sorrisetto.

-Dio, sei così puro! Credi ancora così tanto nella bontà degli uomini? Quella malattia della religione ti ha proprio dato alla testa!

Si fece avanti ed appoggiò le braccia incrociate sul tavolino.

-Gli uomini sono animali, Alighieri, animali corrotti ed influenzabili da un qualcosa che promette una garanzia al loro egocentrismo, che sia un pugno di spicci o la vita eterna. Avrebbe senso il tuo discorso se gli umani fossero tutti delle “candide pecorelle innocenti”.

Si mise a ridere, tornando a sdraiarsi sullo schienale della sedia.

-Quante volte è fiorita la pianta del dolore per colpa del seme dell’egosimo che l’uomo stesso ha seminato? E quante volte l’uomo ha continuato a coltivare quella pianta, fregandosene se essa fosse infestante o nociva per l’ambiente, per sfruttare i suoi frutti ricchi e dolci? Siamo pessimi, Alighieri, la tua è solo un’utopia. Te la costruisci da quanto? Tutta la vita? Vivi in questo tuo mondo fatato dove gli esseri umani hanno questa “natura buona” e non pensi mai al fatto che la gentilezza e la generosità di cui tu mi parli possono essere usate per sfruttarti e ricavarne vantaggi personali. Avanti, Alighieri! Hai cinquant’anni e ancora pensi che nessuno intorno a te, forse, ti stia solo fruttando oppure ti abbia mai sfruttato? Quando crescerai davvero?

Mi lasciò interdetto. Non riuscivo più a rispondere. Continuava a guardarmi con quella sua aria da sapiente assoluto, incontrastabile, inattaccabile.

Ridacchiò. Gli cadde poi l’occhio sulla torre dell’orologio di Palazzo Vecchio.

-Ti lascio riflettere con calma: devo andare al lavoro.

Si alzò sistemandosi il cappotto.

-Quando hai la risposta contattami, tanto il mio numero dovresti ancora avercelo.

Mi fece un sorriso.

-Ci rivedremo presto, Alighieri.

Si allontanò.

Per un po’ lo seguii con lo sguardo e constatai per l’ennesima volta che, in tutto questo tempo che ci conosciamo, non era cambiato affatto: i suoi punti di vista, le sue opinioni e la sua camminata sicura erano rimaste le stesse a distanza di anni.

Guardai il fondo vuoto della tazzina.

Ma come ci riesce? Come fa? Riesce sempre a ribaltare il discorso a suo favore, facendomi sentire un passo indietro a lui in tutto:carriera, studio, vita...anche quando andavamo all’università! Era incredibile come riuscisse sempre a stare in pari con gli esami, prendendo pure voti più alti dei miei, nonostante le sue continue uscite e feste. Io mi spaccavo la schiena sui libri giorno e notte, non uscendo quasi mai ed arrivando al punto di ignorare quella che era all’ora la mia ragazza per mantenere la mia media e lui, che studiava meno di due ore al giorno, era sempre in giro e veniva a malapena a lezione, aveva una media simile se non migliore della mia. Essere in competizione con lui da ormai anni è stata la mia rovina, ma mi ha anche portato dei piccoli vantaggi:studiavo con più impegno del normale, ero motivato a migliorarmi ogni giorno pur di fargli vedere le mie capacità, ma cazzo quanto avrei voluto tirargli un pugno e spaccargli la faccia! Con un rapido movimento del braccio, spostai la manica del cappotto che mi copriva la visuale dell’orologio:le otto meno quattro. Sospirai e andai a pagare il caffè, riportando al bancone anche la tazzina e il piatto. La sede della redazione è a pochi metri da Palazzo Vecchio ed il mio lavoro incomincia alle otto e un quarto, quindi mi incamminai praticamente subito dopo. La mia testa non riusciva a cambiare stazione:rimaneva sempre sul canale “Machiavelli”. Son sempre stato molto orgoglioso:sò di essere meglio di molte persone intorno a me e ho ben presente la mia bravura in quello che faccio, ma lui è sempre riuscito a farmi sentire in soggezione per un qualche motivo a me ignoto; forse perchè è superbo tanto quanto me? Oppure è solo la sua sicurezza che invidio? Entrai in redazione con questa ed altre domande che mi vagavano per la mente. Timbrai il cartellino e salii la scalinata, ascoltando l’echeggiare dei miei passi sul marmo. Tutto quel silenzio non mi stava affatto aiutando. Arrivato al mio ufficio, appoggiai cappotto e sciarpa sulla sedia, mi sistemai la camicia, aprii la mia valigetta di cuoio e mi misi subito al lavoro:compilare cartelle, sistemare fogli, correggere articoli e programmare interviste credevo mi avrebbero distratto, ma il cervello non riusciva a non ritirare fuori dall’archivio della memoria quella dannata conversazione:le parole che disse con tanta sicurezza ed il suo sorriso altezzoso mi facevano impazzire. Maledetta la mia superbia che non accetta una sconfitta! La mia testa stava per scoppiare. Mi alzai dal mio posto e andai al distributore per bere un bicchier d’acqua, pensando mi avrebbe aiutato.

-Dante, stai bene? Ti vedo preoccupato.

Mi voltai e vidi il mio amico di una vita, nonchè collega, appoggiato al muro con un bicchiere di plastica in mano.

-Mh? No sto bene, Guido, non preoccuparti.

-Guarda che tu mica mi inganni! So benissimo che non mi vuoi dire qualcosa. Ci conosciamo da 40 anni; non c’è nessuno capace di leggerti come me!

Aveva ragione porca miseria. Sospirai, bevvi un sorso d’acqua e cedetti.

-Ho solo dei dubbi, parecchi dubbi…Ho incontrato Machiavelli stamattina, sai? Abbiamo parlato di attualità e le sue argomentazioni mi hanno paralizzato. Odio la sua abilitá nel convincere le persone:mi fa sentire così...debole ecco!

-Beh, ti ci dovrai riabituare! Forse lo rivedremo.

Il mio volto si fece serio.

-Spiegati.

-L’ho visto giù nell’ufficio di De Medici che parlava con lui:sembrava soddisfatto. Credo sia ancora giù sai?

La mia espressione crollò. Per poco non mi cadde il bicchiere dalle mani. Non ci potevo credere. Come aveva fatto? Nonostante le sue uscite di pessimo gusto sulle donne, nonostante i suoi punti di vista fin troppo tendenti a destra, nonostante tutti quei discorsi terrificanti, era riuscito a farsi riassumere… Buttai velocemente il bicchiere di plastica e scappai via. Dovevo assolutamente capire se la mia immaginazione non mi avesse giocato un brutto scherzo. Scesi le scale con una tale fretta che per poco non cadevo. Stavo per percorrere l’ultima rampa, quando mi blocca: Machiavelli era in fondo alla scalinata che stringeva la mano di De Medici. Com’è possibile? Deve essere uno scherzo, è impossibile che stia succedendo davvero! Dio vuole sicuramente mettermi alla prova con quel diavolo! Niccolò notò me ed il mio volto incredulo. Sorrise. Quello schifoso e subdolo sorriso che non ho mai sopportato.

-Felice di riavermi con te Alighieri?

-Tu…ma come…

Niccolò iniziò a salire lentamente le scale.

-Gli uomini sono facili da convincere:basta essere un buon oratore e il gioco è fatto.

Si mise le mani nelle tasche dei pantaloni del completo.

-Se non vuoi vedere la vera faccia del mondo con le buone, devo passare alle cattive.

Mi arrivò a pochi centimetri dal volto. Il suo sguardo era gelido, contornato dal suo sorriso superbo.

-Il cronista di punta deve saper dire le cose come stanno, senza stupidi filtri religiosi. Sappiamo entrambi che il tuo ruolo spetta e me e che me lo prenderò, come un vero principe della politica e della retorica sa fare.

Si allontanò, poggiando una mano sulla rampa di scale successiva mentre continuava a guardarmi.

-Che la gara cominci, Alighieri.

Lo guardai dritto negli occhi.

-A noi due, Niccolò.


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