In vino veritas ciò che non vogliam sentir - Riccardo Mantovani

Ecco perché avevamo gli occhi uguali 
s’incendiavan’ al freddo, congelando al caldo
sentivo la cenere rilassarmi la pelle 
sentivo il corpo universo, con addosso 
l’infinito delle tue lacrime di stelle. 

Eravam’ argonauti innamorati della luna
in cerca di quella scintilla per la faccia buia,
impacciata come sei, persi la tua nella pioggia
ti diedi così la mia, che mi portasti così via, dispersi 
come eravam, sui piedi del laghetto di mozziconi spenti. 

Ho terribili pensieri su questo masso 

dell’eternità d’intenti che qualcuno mostrò;

eppure concludo i quadretti 

alla velocità con  cui finimmo le bugie,

ed è ironico come all’ultimo non avrò ancora detto fine. 


Il mio linguaggio è ancora un terremoto 

è tutto peggio di prima: non parlo se non con la mia ombra

la mattina non trovo motivi per riemergere dall’onda delle lenzuola

scendo dalla panchina che remo, solo per una siga 

e col rum che scalda la brina che sento, non è neanche per causa tua. 


Sono un pirata, solitario in questo mare 

ch’altro non è se non un tappeto inondato dal bianco 

versato affianco il divano: navigo 

in cerca d’un tesoro che non merito;

nuoto, nuoto e remo: ma la felicità sembra schifarmi peggio di me stesso. 


Hai sempre avuto gusto in fatto di fiori:

i tulipani bianchi sono splendidi rispetto quelli rossi

feci bene a sceglierli a margherite spente;

ma a me piaceva come davan  luce alla tua bellezza decadente

se t’immaginavo ballare con esse, tra l’ultimo tocco tra ricci ed orecchie. 


Avrei sempre preferito petali con cui giocare insieme,

ma le margherite se colte muoiono velocemente;

ora annaffio coll’infinito delle mie lacrime 

un terreno su cui la tua pioggia batte 

un ritmo alle finestre tale alle finezze con cui suono le mie piante. 


Mi chiedo come stia il tuo animo franante 

nella gabbia febbricitante ch’è casa tua,

oggi che  il malessere temporalesco invocai 

mostra finalmente a tutti i suoi drammi: 

oh lo so ti senti sola e vuota quando canto sotto la pioggia. 


In vino veritas 

ma non so quanto ancora resisterò:

io sono qui zuppo 

ed è questo il punto:

ti sta bene ma sai non dovrebbe. 


Sono solo un poeta di strada fallito 

che scrive giorni e giorni s’un taccuino di fogli vicino un cassonetto,

che sogna di ferir le persone a lui intorno per godere delle colpe

che senton nella consapevolezza della comprensione del dolore:

non voglio gli altri soffran  davvero: punisco gli intenti sul mio corpo. 


Ogni tanto ti scriverò ancora non sobrio 

è l’unico momento in cui non penso all’obitorio;

oh ho rovinato questa poesia 

bruciando i fiori sulla balaustra grigia 

cerco ancora quella rima ti faccia capire chi io sia: 




SPERO ANCORA TUTTI I GIORNI 

DI SBOCCIARE COME IL TULIPANO VOLEVI IO FOSSI;

MA NON SBOCCERÒ MAI

SONO UNA MARGHERITA NATA TRA I FUMI TOSSICI

ANNAFFIATA DAI FLUTTI ACIDI 

CHE MOSTRA I SUOI PETALI TRASLUCIDI 

PERCHÉ VANNO BENE I PRATI 

COLLINE ED ALBERI CORSI A PIEDI NUDI:

MA NON SI PUÒ SORRIDERE A TUTTI 

E IL SOLE NON È VERA LUCE SENZA NUBI.


In vino veritas ciò che non vogliam sentir 

e questo è davvero un messaggio che non leggerai.


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